La dott.ssa Mangala Narasimhan, D.O., è un'intensivista pneumologica del Long Island Jewish Medical Center, a Long Island, New York. La dott.ssa Narasimhan ha parlato con Diku Mandavia, Chief Medical Officer di FUJIFILM Sonosite, M.D., del modo in cui la pandemia da COVID-19 ha influito sul suo ospedale nel cuore dell'epidemia di New York. Potete vedere l'intervista sulla nostra pagina delle risorse sulla malattia COVID-19.
Dott. Mandavia:
Oggi è il 26 marzo 2020 e, purtroppo, abbiamo aggiunto un altro tassello all'epidemia da COVID-19. Attualmente abbiamo oltre 82.000 casi negli Stati Uniti, più di chiunque altro nel mondo. E il focolaio dell'epidemia è la regione di New York, che è letteralmente sotto assalto. Oggi abbiamo con noi la dott.ssa Mangala Narasimhan. È un'intensivista pneumologica al North Shore Long Island Jewish Medical Center, proprio nel centro del focolaio. Quindi, ringraziamo Mangala per la sua partecipazione oggi.
Dott.ssa Narasimhan:
È un vero piacere.
Dott. Mandavia:
So che è molto impegnata in ospedale, ho letto un articolo su di lei del Wall Street Journal e l'ho vista anche in TV. Potrebbe darci un'idea delle condizioni attuali a New York dal suo punto di vista?
Dott.ssa Narasimhan:
Attualmente siamo appena in grado di contenere l'ondata di pazienti. In genere abbiamo un reparto di terapia intensiva con 18 posti letto in entrambe le nostre strutture terziarie. Oggi apriremo il nostro quinto reparto di terapia intensiva con 18 posti letto, quindi stiamo aumentando il volume della terapia intensiva giorno dopo giorno. Ci sono riscontri rapidi che si verificano di continuo per tutto il giorno e trasportiamo pazienti di terapia intensiva a letto per tutto il giorno. Siamo al limite e questi pazienti impiegano molto tempo per respirare senza ventilatori, quindi continuiamo ad aggiungere altri pazienti al punto che stiamo faticando molto a trovare il personale, i medici e gli infermieri che si prendano cura di questi pazienti in terapia intensiva.
Ora siamo arrivati addirittura a cercare l'aiuto di medici di altre sottospecializzazione per unirsi a noi in terapia intensiva. Quindi abbiamo un team di terapia intensiva pediatrico, un team di terapia intensiva chirurgico, un team di terapia intensiva cardiotoracico, un team di terapia intensiva cardiologica e tutti stanno lavorando nelle unità di terapia intensiva medica per COVID con pazienti affetti da ARDS in ogni singolo posto letto.
Dott. Mandavia:
Sono sorpreso, è una situazione davvero terribile. Come sta reagendo il personale?
Dott.ssa Narasimhan:
Tutti sono stanchi e stressati e molti dei nostri collaboratori si sono ammalati. Ed è ovvio che tutti siano preoccupati per se stessi, per le loro famiglie, di quello che stanno passando ma posso dire che ognuno mantiene la calma e resta partecipe, viene al lavoro e fa il massimo per prendersi cura di tutti i pazienti ogni singolo giorno. Tanto di cappello per loro. È positivo vedere tutte queste persone che uniscono le forze per fare la cosa giusta.
Dott. Mandavia:
E lei come va avanti? So che ha una famiglia.
Dott.ssa Narasimhan:
Sto bene. Dico sul serio. Tutti sono consapevoli della pandemia e che il focolaio è soprattutto nella zona di New York, Long Island e Queens. E che è una pandemia che richiede cure intensive. Perciò capiscono e vedono quello che sta succedendo ed è una triste realtà ma è purtroppo è così.
Dott. Mandavia:
Può dirmi un po' di più sull'età dei pazienti che sta assistendo? Soprattutto i più gravi che sono stati ricoverati, se sono ventilati o no.
Dott.ssa Narasimhan:
Tutti i pazienti che arrivano in terapia intensiva vengono ventilati. In terapia intensiva non entrano neanche se non hanno bisogno di ventilazione. Stanno molto male, hanno tutti sintomi di ARDS, molti, la metà di loro sicuramente ne avranno bisogno proprio ora. C'è una maggioranza di uomini, decisamente il 60%. L’età media è 60 anni. Ma abbiamo pazienti ventenni, trentenni e quarantenni. Tra i fattori di rischio che vediamo: alcuni di loro hanno ipertensione, alcuni giovanissimi non hanno fattori di rischio e l'obesità sembra essere un fattore di maggiore prevalenza in questo gruppo. Questo è quello che vediamo. In realtà, le maggiori comorbilità in cui ci imbattiamo più spesso sono ipertensione e diabete. E le persone più anziane hanno diverse comorbilità e non stanno bene durante la degenza con ventilatore, ma anche i giovani stanno aumentando e non se la cavano bene nonostante siano ventenni e trentenni.
Dott. Mandavia:
È decisamente sorprendente. All'inizio abbiamo visto che si ammalavano di più gli anziani, mentre ora notiamo un incremento anche nei più giovani.
Dott.ssa Narasimhan:
Sì, senza dubbio i pazienti giovani sono aumentati. Non so perché e non so come mai ci sia questa differenza rispetto all'Italia. Forse si tratta solo della popolazione, che nel Queens è più giovane ma non sono sicura.
Dott. Mandavia:
Beh, i fattori di rischio che ha menzionato spaventano un po' di più se pensiamo alla popolazione americana e significherebbe che diverse parti dell'America avrebbero gli stessi tipi di fattori di rischio.
Dott.ssa Narasimhan:
Sì, penso che sia una situazione di grande allarme e fa molto clamore. Ecco perché sto facendo tutto questo: mi auguro che il resto dell'America si renda conto di ciò che sta succedendo qui e si fermi. Non vogliamo che tutto ciò succeda in luoghi in cui non ci sono abbastanza ospedali e forniture e via dicendo. È un allarme che è qui da noi, è enorme ed è terribile. Le persone guariscono dopo molto tempo, ammesso che guariscano. Quindi non bisogna tergiversare né perdere tempo. È la dura realtà.
Dott. Mandavia:
Può dirci di più sulla situazione delle forniture come DPI, letti o ventilatori?
Dott.ssa Narasimhan:
Sono in stretto contatto con i miei colleghi in tutta New York e nel Paese durante la formazione sull'ecografia e cose del genere, quindi sono informata sulla situazione attuale. Siamo molto fortunati rispetto ad altri centri intorno a noi. Penso che se avessimo pianificato tutto questo qualche settimana fa, a quest'ora avremmo avuto tutte le forniture utili. Lavoro per un sistema sanitario abbastanza lungimirante, quindi mi ritengo fortunata ma so che le persone a qualche miglio da qui stanno facendo un'enorme fatica, non hanno posti letto, non hanno DPI, non riescono ad affrontare grandi ondate di pazienti nei loro ospedali e le persone stanno soffrendo davvero. Anche i nostri pazienti soffrono, su questo non c'è dubbio, ma abbiamo ancora scorte di DPI e non siamo di certo al punto di dover decidere cosa possiamo fare e cosa no. Utilizziamo gli stessi N95 durante il giorno e stiamo attenti con i camici e cose del genere ma non siamo al punto di esaurimento scorte.
Dott. Mandavia:
È preoccupata del rischio di perdere personale in prima linea?
Dott.ssa Narasimhan:
Molto preoccupata. Ho già perso tantissimi lavoratori di prima linea ed è ovvio che la cosa mi desti preoccupazione. Per fortuna oggi stanno meglio e si stanno riprendendo. Ma è un momento molto pericoloso secondo me ed è questo il consiglio che sento di dover dare. Quando non sai che hanno la malattia COVID e pensi di trovarti davanti a un paziente con BPCO o versamento pleurico, oppure con patologie normali per le quali le persone chiedono consulenze su cure intensive oppure persone che vengono nel tuo studio... invece è davvero l'inizio della malattia COVID e tu non hai capito che era là davanti a te e non sei protetto, non indossi DPI. Abbiamo tanti medici nei nostri reparti di terapia intensiva che si sono occupati di pazienti ambulatoriali che non hanno capito che queste persone fossero positive.
Ci sono molti portatori asintomatici oppure non ancora sintomatici ma che lo saranno dopo tre giorni e tu li hai ricevuti nel tuo studio o in ospedale per una consulenza e non hai capito che cosa avessero davvero. Ginecologi e ostetriche, medici specializzati in endocrinologia riproduttiva e infertilità e medici intensivisti specializzati in patologie polmonari che hanno visitato pazienti e non hanno capito che avessero la malattia COVID. Se questa situazione dovesse espandersi nel Paese è necessario agire seriamente e adottare le precauzioni necessarie, se possibile.
Dott. Mandavia:
Ora sta assistendo a una stabilizzazione dei casi per quanto riguarda il numero di questi ultimi o sono ancora in aumento?
Dott.ssa Narasimhan:
Non abbiamo raggiunto un obiettivo con qualsiasi mezzo. Il mio sistema sanitario copre 23 ospedali in tutta New York, Manhattan, Westchester, Long Island, quindi abbiamo un'ampia gamma di ospedali a disposizione. Ho una panoramica su tutti questi ospedali che supervisioniamo. Quindi vedo i luoghi a rischio nei nostri ospedali e la nostra regione centrale, ossia i nostri terziari principali, non aumenta più allo stesso ritmo ma i numeri non smettono di crescere. Ci troviamo in una sorta di rallentamento della crescita esponenziale ma i nostri ospedali a Long Island si trovano a fronteggiare una grande ondata proprio ora. Ospedali di piccole comunità con 30 pazienti ventilati per sintomi ARDS... si può immaginare che cosa stia succedendo là.
Quindi dipende molto dalla regione attorno a New York, ci sono punti in cui i breakout si verificano ogni singolo giorno. In una città non hanno annullato la sfilata del giorno di San Patrizio e ora là è esplosa l'epidemia in modo violento. Pertanto, l'isolamento sociale funziona sicuramente e deve essere preso in seria considerazione. Stiamo assistendo alle conseguenze di tutte queste situazioni diverse in base ai distretti.
Dott. Mandavia:
Caspita. Mi dica qualcosa di più sul suo attuale percorso diagnostico per questi pazienti. So che lei è un'esperta di ecografia per il punto di cura e sarei curioso di saperne di più. Ma in generale qual è la procedura standard e quale tipo di trattamento sta eseguendo? Ha in corso anche qualche progetto sperimentale?
Dott.ssa Narasimhan:
Sì, per quanto riguarda i pazienti, sto trattando solo quelli che hanno sintomi gravi di ARDS, ossia circa il 20% dei pazienti che arrivano in ospedale. Per gli altri non saprei davvero e non sono sicura al 100% del trattamento che stanno ricevendo. Ma in terapia intensiva arrivano già intubati o per essere intubati.
Stiamo eseguendo la pronazione su diversi pazienti. Stiamo effettuando la respirazione a basso volume tidalico, mantenendo le nostre pressioni di plateau inferiori a 34 il più possibile, aumentando la PEEP. Questi pazienti sembrano richiedere grandi quantità di PEEP, ad esempio da 16 a 20 centimetri. Ritengo sia un dato interessante. La loro compliance non è così negativa, sembra essere per lo più un problema di ossigenazione.
Se hanno un'ipossia, utilizziamo grandi quantità di ossigeno. Sembrano riprendersi in due-quattro giorni e a quel punto iniziamo a ridurre la quantità di ossigeno erogata. In seguito, una percentuale di questi pazienti passa a una seconda fase, quando improvvisamente ferritina e CRP quadruplicano. Sembrano avere un aumento della citochina e quelli che subiscono tale incremento una seconda volta non stanno per niente bene. Iniziano ad avere problemi cardiaci, insufficienza renale e diversi organi iniziano a collassare. Si verificano anche disfunzioni epatiche. Non siamo riusciti a recuperare questa sottoserie di pazienti.
Siamo riusciti a estubare alcuni pazienti che hanno avuto un recupero e non sono mai arrivati a questa seconda fase. Queste persone stanno meglio ma dipende principalmente dal corso della malattia. Sembra esserci una seconda fase in alcuni pazienti.
Dott. Mandavia:
Ho letto un breve studio proveniente dalla Cina in cui l'80% dei pazienti ventilati intubati in terapia intensiva muore. Che cosa ne pensa di questa percentuale? Rispecchia quello a cui sta assistendo nel suo ospedale?
Dott.ssa Narasimhan:
Purtroppo sì. Rispecchia molto la situazione che c'è qui. È ancora presto, stiamo affrontando questa situazione da sole tre settimane, quindi mi auguro di sbagliarmi su questi dati e che molte persone si riprendano meglio di quanto crediamo. Ma la percentuale di quelli che non ce la fanno è davvero ampia, tra il 70% e l'80%. Perciò ritengo che siamo in linea con i dati di quello studio.
Dott. Mandavia:
Okay, si tratta di una mortalità davvero terribile. Può dirmi qualcosa sull'utilizzo di tecniche imaging? Ecografie o TC? Come vi state muovendo?
Dott.ssa Narasimhan:
Questa è stata una questione importante perché abbiamo letto tutte quelle informazioni sulla TC in Cina e non è molto pratica, non cambia la gestione di eseguire una scansione TC. Crea dei rallentamenti che non possiamo permetterci con i numeri che abbiamo. Cercare di spostare questi pazienti altrove è praticamente impossibile.
Questo è l'esempio perfetto del motivo per cui l'ecografia per il punto di cura è così utile. Questi pazienti presentano tutti delle linee B quando arrivano e non c'è necessità di eseguire una TC. Proprio ora, la nostra intera unità è piena di pazienti COVID, cinque unità ne sono piene e a livello diagnostico non serve. Sappiamo che questi pazienti sono affetti da COVID, non ci sono dubbi, ma alla fine l'abbiamo utilizzata in tanti modi diversi.
Quando in pronto soccorso arrivano tanti pazienti con COVID sospetta o confermata dobbiamo prendere una decisione. La loro saturazione è discreta, hanno un rischio elevato di restare in ospedale o possono andare a casa? Quindi stiamo utilizzando l'ecografia per confermare se sono presenti linee B, che indicano un peggioramento del paziente entro un paio di giorni. [Or] i pazienti hanno linee A e sono positivi alla malattia COVID, forse staranno bene, possono andare a casa e richiamarci in caso di peggioramento. La stiamo usando in questo modo, che trovo interessante.
Abbiamo letto un articolo arrivato dalla Cina e dall'Italia. In Italia stanno facendo la stessa cosa, più per capire se i pazienti dovrebbero restare [in the hospital], ma non per eseguire innanzitutto una diagnosi di COVID. Perché io penso che in caso di linee A, potresti essere positivo alla malattia COVID ma non essere ancora sintomatico. Quindi non credo che aiuti a escluderla ma indica solo lo stadio della malattia. Una volta entrati in terapia intensiva, vediamo che presentano linee B. Queste persone che subiscono variazioni della citochina e peggiorano in seguito, sviluppano consolidamenti all'improvviso.
Stiamo monitorando tutto ciò anche perché non stiamo utilizzando tanti doppi livelli o flusso elevato in questi pazienti a causa del rischio di nebulizzazione di secrezioni, quindi controlliamo attentamente quando vengono estubati se sviluppano atelettasia. Facciamo tutto questo con l'ecografia. Per questo eseguiamo ogni giorno ecografie direttamente presso il punto di cura. Con gli ultrasuoni controlliamo anche eventuali miocarditi e miopatie. Quindi i pazienti ricevono quotidianamente un esame cardiaco.
E inoltre siamo sempre rapidi, nelle sale, eseguiamo un esame rapido ai polmoni e poi al cuore, e siamo di nuovo pronti dopo un esame obiettivo. Cerchiamo di vedere se la funzionalità del loro VS cambia. Quando la ferritina aumenta, il giorno dopo la funzionalità del VS peggiora e il VTI diminuisce. La loro gittata cardiaca cambia davanti ai nostri occhi, quindi sappiamo che quel paziente peggiorerà e richiederà pressori cardiaci. Iniziamo a prepararci perché sappiamo che succederà. Per questo, l'ecografia per il punto di cura è estremamente utile.
La utilizziamo anche quando questi pazienti sembrano essere molto inclini a trombogenicità e ipercoagulazione, quindi controlliamo i loro esami TVP, cerchiamo PE con grandi VD, eseguendo una titolazione della PEEP tramite ecografia, quando arrivano a un valore pari a 18 e il VD è ampio. Stiamo iniziando a ridurlo perché sappiamo di cosa si tratta e vediamo che il VD diminuisce, la utilizziamo per gestire la nostra titolazione della PEEP e cercare TVP, PE. Inoltre, ci serve per gestire la gittata cardiaca e cercare linee A e linee B. In qualsiasi modo utilizziamo l'ecografia, lo facciamo in maniera esponenziale con questi pazienti perché è davvero difficile trasportarli altrove.
Dott. Mandavia:
Tutti questi consigli sono molto utili. Tanti medici ci stanno ascoltando praticamente da tutto il mondo ma sembra davvero che l'ecografia per il punto di cura abbia un ruolo enorme per i pazienti COVID-19.
Dott.ssa Narasimhan:
Portare questi pazienti a eseguire scansioni TC non solo è poco pratico ma anche inutile perché non cambia nulla nella tua gestione.
Dott. Mandavia:
So che lei è impegnata e deve tornare al lavoro, quindi mi limito a farle ancora poche domande di follow-up. Avete imparato qualcosa durante queste tre settimane?
Dott.ssa Narasimhan:
Sì.Sì. Pianificare il più possibile se si può. Avere a disposizione quello che serve, non solo i ventilatori e le tubazioni, ma anche farmaci, Fentanil, Propofol, paralizzanti. Pensate a quello che serve per un normale paziente affetto da ARDS e moltiplicatelo diverse volte. Avere a disposizione ciò che serve perché quando questa situazione raggiungerà la vostra zona, è difficile ottenere queste forniture. Tutti chiederanno le stesse cose. Pensate al numero di pazienti, dove dovrete sistemarli, le unità dedicate alla malattia COVID, quelle non COVID e le unità in cui dovranno essere trasportati i pazienti con sospetta COVID. Pianificare di avere monitor se si sposteranno pazienti di terapia intensiva in un'area diversa in modo che siano pronti.
Tutto ciò avverrà rapidamente se le vostre città saranno colpite e non avrete il tempo di pianificare tutto questo. Quindi più si riesce a programmare per tempo la gestione di un'ondata di pazienti, meglio è. Si lavorerà in un luogo migliore quando succederà.
Dott. Mandavia:
Sono davvero delle indicazioni utilissime. Come sappiamo, la malattia COVID-19 si sta diffondendo in America, quindi la sua esperienza a New York può rivelarsi davvero utile per altri medici americani. Per questo voglio ringraziarla.
Dott.ssa Narasimhan:
È stato un piacere.
Dott. Mandavia:
Vorrei ringraziare anche tutto il suo team per il lavoro che sta facendo. Tutto lo staff FUJIFILM Sonosite è qui per supportarla.
Dott.ssa Narasimhan:
Lo sappiamo e apprezziamo molto quello che fate.
Dott. Mandavia:
Stiamo combattendo una guerra mai vista in tempi recenti, quindi grazie per il vostro enorme impegno. Ma soprattutto, fate attenzione e continuate a lavorare in questo modo esemplare. Grazie.
Dott.ssa Narasimhan:
Grazie, la saluto.